domenica 13 settembre 2015

“Keats. Lettere sulla poesia”

KEATS
LETTERE SULLA POESIA
a cura di Nadia Fusini
MONDADORI
Le lettere di John Keats sono una testimonianza fondamentale della sua attività letteraria.

Il suo epistolario contiene, infatti, non solo le più belle lettere mai pubblicate in lingua inglese, ma anche alcuni fondamentali principi della sua poetica.

L’epistolario di Keats copre un periodo di cinque anni; la selezione delle lettere del volume a cura di Nadia Fusini coprono il periodo che va dal 17 aprile 1817 (lettera a John Hamilton Reynolds) al 30 novembre 1820 (lettera a Charles Brown).

Le lettere sono caratterizzate da un tono intimo, modesto e familiare; nella fretta della scrittura a volte queste risultano persino un po’ sgrammaticate.
Sono dialoghi intrattenuti non solo con i famigliari (la sorella, i fratelli e la donna amata), ma anche con gli amici (Brown, Bailey, Haydon, Dilke solo per citarne alcuni), gli editori (John Taylor e James Augustus Hessey) e con personaggi del calibro di Percy Bysshe Shelley, che nutriva un’opinione altissima di John Keats.

A tal proposito molto interessanti ed esaustive sono le “Notizie sui corrispondenti di Keats” poste al termine del volume.

Due sono i temi principali delle lettere di Keats: la poesia ed il “pensiero dominate” della propria morte.

La vita di Keats era strettamente legata alla poesia; egli viveva, respirava poesia ogni attimo della propria vita, così che va da sé che non solo le lettere stesse contengano le poesie, ma le poesie stesse nascano proprio da queste.

Ho scoperto che non riesco a vivere senza la poesia – senza la poesia eterna – non mi basta metà della giornata – mi ci vuole tutta. Ho cominciato con poco, poi l’abitudine mi ha reso un Leviatano.
(lettera a Reynolds del 18 aprile 1817)

Secondo Keats al poeta non è necessaria l’individualità, ma piuttosto la perdita di essa.
La poesia dovrebbe venire all’uomo spontaneamente, naturalmente; la parola deve venire come “all’albero le Foglie, o non venire affatto (lettera a Taylor del 27 febbraio 1818).

La poesia dovrebbe essere grande, ma non indiscreta, qualcosa che ti entra nell’animo, ma non lo sconcerta, né lo stupisce, se non per il suo contenuto.
(lettera a Reynolds del 3 febbraio 1818)

La poesia per Keats non ha potere salvifico, salvare il mondo non può essere il suo scopo. La poesia è apertura verso l’al di là, verso il mondo dell’Altro.
La poesia è risposta al manifestarsi dell’infinito nel mondo finito delle cose e degli esseri, la poesia risiede tra il mondo dei sensi e quello del pensiero, il poeta vive sospeso tra i due mondi.

Il poeta non ha un’identità, non ha un io ed è la “più impoetica di tutte le creature”.
La più grande qualità che un poeta deve possedere per Keats è la Capacità Negativa qualità che egli riconosceva in massimo grado a Shakespeare, ovvero la capacità “di stare nell’incertezza, nel mistero, nel dubbio senza l’impazienza di correre dietro ai fatti e alla ragione”. (lettera a George e Tom Keats del 21 dicembre 1817).

Keats morì giovane, ad appena 25 anni, lasciandoci tra le sue opere sei odi tra le più belle che mai furono scritte, ma insoddisfatto della sua produzione, sempre in attesa di scrivere la poesia perfetta.

Bellissime le lettere a Fanny Browne, la donna amata dal poeta, che meritano senza dubbio un breve accenno.
Se siete comunque interessati alle lettere di Keats a Fanny, vi consiglio il volume “Leggiadra Stella. Lettere a Fanny Brawne” edito da Archinto.

Le lettere di John Keats a Fanny sono intense, commoventi e terribilmente romantiche.
Quando incontrò il poeta Fanny era una ragazza di appena diciotto anni allegra, vivace e curiosa, Keats invece era estremamente geloso, sospettoso, esigente, facilmente irritabile e spesso contradditorio. La loro storia d’amore fu profonda e tormentata.

Devo confessare che ti amo ancora di più perché credo che ti sono piaciuto per me stesso e nient’altro – ho incontrato donne che avrebbero voluto sposare una Poesia e si sarebbero date con tutto il cuore a un Romanzo.
(lettera a Fanny Brawne dell’ 8 luglio 1819)

Sono sempre rimasto stupefatto dinnanzi a chi moriva da martire per la religione – l’amore è la mia religione – io potrei morire per amore – potrei morire per te. Il mio unico credo è l’amore e tu il mio solo dogma. Mi hai rapito in virtù di un potere a cui non so resistere: eppure ho resistito fino a quando ti ho visto, e anche dopo che ti ho visto ho cercato spesso “di ragionare contro le ragioni dell’amore”. Non posso più farlo – la sofferenza sarebbe troppo grande – il mio amore è egoista – non respiro senza di te.

E malgrado questo sono contrario a vederti, non sopporto uno sprazzo di luce per poi tornare nelle tenebre.
(…)
Vorrei che tu mi infondessi un po’ di fiducia nel genere umano. Io non so trovarne nessuna – il mondo è troppo brutale per me – sono contento che ci siano le tombe – sono sicuro che non avrò riposo se non li.
(lettera a Fanny Brawne, agosto 1820)

Concludo il post con un'informazione definiamola di servizio. Per chi fosse interessato al libro, il volume è purtroppo attualmente fuori catalogo.
Io ho avuto la fortuna di riuscirne a reperire una copia anche se un po’ ingiallita presso una piccola libreria tra le giacenze di magazzino, ma nel caso non riusciste a scovarne alcuna, il consiglio è di dare un’occhiata ogni qualvolta vi troviate nei pressi di qualche bancarella di libri usati.

Buona caccia al tesoro!



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