mercoledì 25 aprile 2018

“La libreria dove tutto è possibile” di Stephanie Butland


LA LIBRERIA DOVE TUTTO È POSSIBILE
di Stephanie Butland
GARZANTI
A York, nel Nord dell’Inghilterra, c’è una piccola libreria, Giro di Parole, dove i collezionisti possono scovare prime edizioni dei loro autori preferiti e i lettori comuni possono trovare un libro di seconda mano, un volume che sta aspettando proprio loro per dare inizio a una seconda vita.

“Giro di Parole” è per Loveday Cardew un luogo sicuro e accogliente, una seconda casa. Tra i vecchi libri e gli scaffali sgangherati, la ragazza si sente protetta, i libri la conoscono e lei conosce loro, non c’è bisogno di fingere con i libri, nulla da cui nascondersi.

Le storie appartengono ai lettori che in esse possono trovare riflessa  la  loro stessa vita. Loveday ha scelto per questo di tatuarsi gli incipit dei romanzi che più sente affini: Anna Karenina, Jane Eyre, I bambini della ferrovia…

E’ un bene per lei che ci siano i libri a ricordarle che il mondo è pieno di storie dolorose che, almeno potenzialmente, assomigliano alla sua.

Abbandonata dalla madre naturale all’età di dieci anni, Loveday è cresciuta con una madre affidataria.
Annabel era una donna gentile e premurosa, ma nonostante i ripetuti sforzi, non era mai riuscita nel corso degli anni ad abbattere il muro di silenzio che Loveday, per proteggersi dal mondo esterno, aveva costruito attorno a sé.

Appena possibile, spinta dal desiderio di rendersi indipendente, Loveday aveva cercato un lavoro che le permettesse di mantenersi dignitosamente.

Assunta giovanissima, quindici anni appena, a Giro di Parole, in Archie, il suo proprietario, Loveday aveva  trovato, fin da subito, un amico più che un capo vero e proprio.

Archie è un tipo eccentrico e socievole, che ama parlare con la gente e raccontare di sé e di come sia stata movimentata la sua vita prima di acquistare la libreria.

Loveday e Archie sono caratterialmente agli antipodi: introversa e riservata lei, estroverso e ciarliero lui; ma il loro sodalizio sembra aver trovato un equilibrio perfetto anche perché gli opposti hanno il grande vantaggio di compensarsi a vicenda.

Un giorno qualcosa spezza la tranquilla routine della vita in libreria: in negozio vengono consegnati strani volumi.
Loveday si ritrova giorno dopo giorno a sfogliare dei libri che sono strettamente legati alla sua infanzia.
Difficile capire chi li abbia recapitati, ma pensare ad una coincidenza diventa ogni giorno più improbabile.
Chi invia questi volumi conosce Loveday, la sua famiglia e sopratutto quel passato misterioso e doloroso dal quale lei ha cercato in tutti i modi di fuggire.

Loveday sarà così costretta a fare i conti con quanto ha sempre cercato di dimenticare e dovrà trovare il coraggio di affrontare quanto accaduto nella sua infanzia, se vorrà essere finalmente libera di vivere la sua vita.

Il libro di Sthephanie Butland è una lettura piacevole, una storia che riesce a catturare l’attenzione del lettore fin dalle prime pagine; personalmente l’ho letto tutto d’un fiato in un sol giorno, cosa che non sarebbe stata assolutamente possibile, se il romanzo non mi avesse profondamente coinvolta.

La scrittura è scorrevole, veloce e il ritmo serrato.

La narrazione del presente si intreccia con il racconto degli eventi passati.
Due sono le finestre aperte su quanto accaduto precedentemente nella vita di Loveday: da una parte il racconto della breve e incresciosa storia sentimentale con Rob, un uomo conosciuto in libreria, dall’altra il racconto dell’infanzia di Loveday, che svela al lettore il mistero sulla sua famiglia.

La fluidità della narrazione, nonostante questa si svolga attraverso continui salti temporali, non ne risente minimamente e, contrariamente a quanto spesso accade in questi casi, non confonde per nulla il lettore che ne rimane anzi piacevolmente coinvolto.

I personaggi che animano la storia sono tutti ben caratterizzati psicologicamente.
Ognuno di loro è parte integrante della narrazione in quanto elemento di ausilio all’economia della trama.

Loveday è un personaggio che incanta il lettore il quale viene conquistato dalle sue contraddizioni.
E’ una ragazza forte e determinata, ma allo stesso tempo fragile e insicura.
Gli eventi tragici del suo passato l’hanno segnata profondamente e, sebbene possieda un carattere indipendente, non è facile per lei riuscire a mantenere quel distacco nei confronti del prossimo che tanto si impone di provare.
La sua scarsa fiducia in se stessa la frena nei rapporti con gli altri, facendola apparire distante, ma la sua è solo una maschera.

Annabel prima e Archie dopo di lei, hanno provato a perforare la corazza di Loveday: Annabel ha fallito miseramente, Archie ha invece riportato una vittoria ma solo parziale.
Spetterà a Nathan, con i suoi tratti da troppo bello per essere vero, riuscire a fare breccia nel cuore di Loveday.

Nathan è un bel ragazzo, dolce, premuroso, comprensivo, non fa domande, è un poeta e un mago, ma anche lui come tutti nasconde un suo lato misterioso.

Tutti i personaggi portano con sé qualcosa che li ha emotivamente segnati: Rob, Nathan, Melodie, Loveday, Archie, ognuno di loro deve fare i conti con il proprio passato, le proprie debolezze, le proprie insicurezze.
Qualcuno, come Nathan, ha trovato la forza per rialzarsi, altri invece, come Rob, non ce l’hanno fatta.

C’è una citazione che spesso troviamo in rete, una frase dall’attribuzione incerta (forse di Platone o Filone di Alessandria, forse di Ian Maclaren, certamente citata da Carlo Mazzacurati) che si adatta perfettamente ai personaggi di questo libro, quella frase è un invito affinché ciascuno di noi si ricordi di cercare di essere sempre gentile con chiunque si incontri perché ogni uomo sta combattendo una battaglia di cui non sappiamo nulla.

“La libreria dove tutto è possibile” è un romanzo che crede nel potere terapeutico e salvifico dei libri, è una vera dichiarazione d’amore nei loro confronti.

Come diceva Montesquieu “non ho mai provato un dolore che un'ora di lettura non sia riuscita a far svanire”.




domenica 22 aprile 2018

“Agnese, una Visconti” di Adriana Assini


AGNESE, UNA VISCONTI
di Adriana Assini
SCRITTURA & SCRITTURE
Seconda metà del Trecento, Bernabò Visconti è il signore di Milano e il suo vasto dominio si estende anche alle città di Bergamo, Brescia, Cremona più altri centri minori.

È un uomo autoritario e irascibile che, pur dotato di intelligenza ed erudizione fuori dal comune, possiede la grinta tipica dei conquistatori.

La sua sregolatezza, il pugno di ferro con cui è solito governare, la sua smodata passione per il cibo e la caccia, riportano alla nostra mente la figura di un grande sovrano che regnerà sull’Inghilterra più di un secolo dopo, il tanto discusso Enrico VIII.

La figura di Bernabò Visconti, proprio come quella del celebre re inglese, non lascia spazio a tiepidi sentimenti; Bernabò Visconti o lo si ama o lo si odia, l’indifferenza non è ammessa.

Il Visconti ha una prole numerosa, ma Agnese è senza dubbio la sua preferita; in lei infatti egli vede il riflesso di se stesso. Caparbia, intelligente e audace, Agnese è proprio come lui.

Non stupisce quindi che, a causa del suo carattere ribelle, la giovane entri spesso in contrasto con il genitore e, per riportare la pace in famiglia, ogni volta deve intervenire la madre, Beatrice della Scala, detta anche Regina per il suo portamento regale.

La sposa di Bernabò è l’unica persona sulla faccia della terra in grado di addomesticare il consorte, riconducendolo a più miti consigli quando necessario e, visto il carattere collerico di questi, Beatrice deve intervenire piuttosto frequentemente.

Bernabò Visconti ha combinato per Agnese un prestigioso matrimonio, sua figlia andrà in sposa al giovane Francesco Gonzaga, futuro signore di Mantova.

Agnese sulle prime cerca di ribellarsi a questa unione, ma poi si piega alla volontà paterna e accetta di sposare il Gonzaga.

Il matrimonio si rivelerà però un fallimento sia dal punto di vista sentimentale che politico. 
Agnese, infatti, indomita e fiera, non si piegherà mai né alla ragion di stato né al modo di pensare del suo consorte, sfiderà le convenzioni e sarà fin da subito un spina nel fianco del suo sposo.

La vita non sarà clemente con Agnese che pagherà a caro prezzo la ferrea volontà di rimanere fedele a se stessa, ai suoi principi e ai suoi affetti.

Il libro di Adriana Assini è un romanzo storico molto ben costruito: cronaca storica e romanzo d’amore si sposano perfettamente, regalandoci uno splendido affresco dell’epoca e una vivida testimonianza di quanto potesse essere difficile e pericoloso a quel tempo essere una donna sola e risoluta.

Il periodo in cui si svolgono i fatti narrati nel romanzo è un’epoca tormentata, dove alleanze e amicizie duravano poche settimane e dove persino i legami famigliari più stretti erano totalmente instabili e inaffidabili.
  
In un quadro storico così incerto la luce di Agnese, così altera e fiera, risplende come una stella.

Nonostante più volte cerchino di spezzare la sua dignità la donna mantiene inalterato il suo orgoglio fino alla fine dei suoi giorni; lei è una guerriera, orgogliosa di appartenere alla valorosa dinastia dei Visconti, fiera di essere la figlia di Bernabò.

Questa sua alterigia indubbiamente a tratti risulta anche un po’ indisponente, nonostante tutte le attenuanti che le si possono riconoscere, tra cui un consorte, Francesco Gonzaga, subdolo e codardo, Agnese spesso non fa nulla per cercare di ingraziarsi la sua corte.

Il finale del romanzo però riscatta del tutto qualunque dubbio possa essersi affacciato alla mente del lettore sulla personalità di Agnese Visconti, nei confronti della quale è impossibile non sciogliere qualunque tipo di riserva e sviluppare un forte senso di empatia.

La struggente conclusione del libro lascia al lettore un senso di angoscia e amarezza, ma anche la piena consapevolezza di aver conosciuto, attraverso le pagine di questo splendido romanzo, la storia di una grande donna; una donna che, nonostante gli avversi colpi della fortuna, ha avuto il coraggio di vivere secondo i suoi desideri.

Fin da bambina Agnese Visconti sognava di incontrare un cavaliere che assomigliasse ai protagonisti dei libri che tanto le piaceva leggere; desiderava vivere una passione degna della più grandi storie d’amore e, nonostante tutti la dissuadessero dal credere tutto ciò possibile, lei riuscì a realizzare il suo sogno, seppur mettendo a repentaglio la sua stessa vita.

I personaggi del romanzo sono tutti caratterizzati in maniera magistrale da Adriana Assini: la fidata Mea della Mirandola, dama di compagnia di Agnese, Beatrice della Scala, Jacopo l’indovino, Bernabò Visconti e Antonio da Scandiano, il cavaliere bello ed elegante, dagli occhi grigi come i cieli d’inverno e capelli scuri, lunghi fin quasi alle spalle.

“Agnese, una Visconti” è un libro affascinante e coinvolgente come la sua protagonista, un romanzo appassionante che sa regalare al lettore emozioni forti oltre a trasmettergli il desiderio di rileggere le opere di Dante e Petrarca e magari riprendere in mano anche i poemi di Chrétien de Troyes.

Un ultimo accenno merita di essere fatto sull’aspetto estetico del libro in sé come oggetto. Ho trovato l’edizione davvero piacevole e invitante. Bello il dipinto scelto per la copertina, Ritratto di donna di profilo opera di Piero del Pollaiolo (1465) e assai gradevoli sia il formato che la grafica del volume.

Insomma, bella l’edizione, ottima la storia e Adriana Assini, autrice che non conoscevo, una piacevole scoperta.





sabato 14 aprile 2018

“Mater Luna” di Victoria Francés


MATER LUNA
di Victoria Francés
RIZZOLI LIZARD

Melissa Moonbeams è l’ultima discendente di una stirpe di donne sapienti, custodi di un’arte arcana, ormai in aperto contrasto con il nuovo dogma del puritanesimo.

Melissa è in travaglio e qualcosa sembra non andare per il verso giusto; avrebbe bisogno di aiuto, ma nessuna donna del villaggio vuole soccorrerla perché da tutti ritenuta una strega.

Quando una falsa levatrice si presenta alla porta, il marito di Melissa, ormai stremato e incapace di agire come la gravità della situazione richiederebbe, la lascia entrare.

La donna, dopo aver ammaliato l’uomo con la sua avvenenza, avvelena Melissa e lancia una maledizione sulla bambina appena strappata dal grembo materno.

Lunnula, questo il nome della piccina, sarà l’ultima della sua stirpe in quanto non sarà mai in grado di generare figli.

La bimba cresce e diviene una bellissima fanciulla, però le voci del villaggio nei suoi confronti non si placano.

Sposa un giovane cacciatore, ma quando questi si rende conto che ragazza non riesce a dargli figli, si allontana da lei dando credito alle malelingue dei compaesani.

Lunnula, delusa e amareggiata, decide di recarsi nel bosco per invocare l’aiuto della Grande Dea.

Un giorno, rientrando dal bosco, incontra sul suo cammino il marito insieme alla sua amante; denunciata da questi, Lunnula viene arrestata e, dopo un sommario processo, condannata a morte.

La ragazza viene impiccata ad un albero e sepolta in una fossa improvvisata nel terreno; la sua morte, infatti,  ha scatenato la furia della natura e una terribile tempesta si è abbattuta sul luogo dell'esecuzione.

Nel sonno eterno della morte Lunnula riesce però ugualmente a dare alla luce il figlio promessogli dalla Grande Dea.

Una volpe affamata, in cerca di cibo, estrae dalla terra una piccola radice antropomorfa, una bimba-strega.
La volpe mossa a compassione per quello strano esserino, la porta con sé nella sua tana e la alleva insieme ai suoi cuccioli.

La creatura si trasforma lentamente e, con il passare dei mesi, diventa una splendida fanciulla dai capelli rossi e dagli occhi verdi.

Sionna, questo il suo nome, possiede doni che la rendono diversa da ogni altra creatura; è dotata di conoscenze arcane e di poteri soprannaturali che le permettono di controllare gli elementi naturali e i fenomeni atmosferici.

Purtroppo Sionna non è destinata a vivere un’esistenza felice, presto anche lei, come sua madre e sua nonna prima di lei, dovrà confrontarsi con i costumi crudeli degli uomini…

Mater Luna è un appello affinché tutti noi rammentiamo di essere parte della natura ed è un invito a ritrovare quel senso di comunione con essa che ormai sembra essere perduto.

“Generare” non deve essere inteso solo nel senso letterale del termine “di dare la vita ad un altro essere umano".
Ad ognuno di noi è stata elargita la facoltà di fecondare terreni apparentemente sterili, tutti noi possiamo dare vita a un concetto, un’idea, una filosofia.

Ci è concessa la facoltà di amare e prenderci cura di un altro essere, che sia un orfano, una pianta, un animale o magari anche solo di un oggetto inanimato, non importa di chi o di cosa si tratti, la cosa importante è ciò che noi siamo in grado di provare e trasmettere.

I sogni sono la chiave della nostra esistenza; quando ci sentiamo vuoti e incapaci di creare, possiamo sempre dare vita ai nostri sogni, i sogni ci indicano la strada verso la salvezza, i sogni sono la nostra salvezza.

Una volta l’uomo sapeva ascoltare la natura, era un tutt'uno con i suoi elementi, ma con il trascorrere del tempo questo rapporto si è allentato sempre più, e nulla oggi sembra essere rimasto di quell’arcano sentire, se non qualche debole riflesso che ancora si coglie nei racconti di miti e leggende o nelle immagini di streghe, vivane, elfi, dei, eroi…

Il mondo di Victoria Francès è un mondo popolato di queste figure mitiche e arcane, figure in grado di ridare voce con la loro presenza ai boschi, al cielo, agli oceani e alle montagne.

“Mater Luna”, come la trilogia di “Favole” di cui vi ho parlato tempo fa, è anch'esso edito da Rizzoli Lizard. 
L'edizione altrettanto ben curata, lo rende un volume da collezione, un vero piccolo gioiello.

Bellissime le tavole e interessanti le pagine dedicate alla descrizione di come sono nati i personaggi e alla realizzazione delle bambole con le sembianze di Lunnula e Sionna.

Il mondo di Victoria Francés è un mondo magico, fatto di luci e ombre, un mondo misterioso e affascinante che sa incantare il lettore con le sue splendide immagini e la sua delicata poesia.






domenica 8 aprile 2018

“Fai piano quando torni” di Silvia Truzzi


FAI PIANO QUANDO TORNI
di Silvia Truzzi
LONGANESI
Margherita si trova ricoverata da tre mesi in ospedale a seguito di un brutto incidente stradale nel quale ha rischiato di perdere la vita.

Quel giorno Margherita aveva deciso di mettersi alla guida nonostante fosse ubriaca; poiché nessuno si sente di escludere che possa essersi trattato di un tentato suicidio, al momento la donna è seguita da uno psichiatra.

Margherita è giovane, bella, intelligente, di buona famiglia, ha un ottimo lavoro; tutto sembrerebbe far pensare a una vita perfetta, ricca di soddisfazioni e, invece, la giovane soffre di una forte depressione.

Dopo anni non è ancora riuscita a elaborare il lutto per la perdita del padre e ora deve pure affrontare l’abbandono del fidanzato che ha liquidato la loro storia, una sera come tante, con un semplice “Non so se ti amo più”, facendole crollare definitivamente il mondo addosso.

Quando Margherita si sveglia nel letto di ospedale, dopo aver subito la quinta operazione, si ritrova a condividere la stanza con un'anziana dall'aspetto molto particolare.

Anna Galletti è una donna corpulenta con i capelli biondo platino, dall’aspetto alquanto vistoso con le sue camicie di pizzo rosa e i bigodini in testa che spuntano da una ridicola retina.
Anna è una donna molesta e invadente, ma allo stesso tempo possiede una carica di simpatia e una faccia tosta talmente disarmanti, da far sì che lei sia l’unica persona in grado di trovare la strada per far breccia in quella dura corazza che Margherita si è costruita attorno.

Margherita e Anna non hanno nulla in comune, fisicamente Anna è robusta e anziana, Margherita è magrissima e giovane; socialmente, poi, provengono da due background familiari completamente differenti.

Margherita è figlia della borghesia: sua madre è una psicologa e il padre era un avvocato, proprio come lei.

Anna era stata mandata a servizio a casa di un conte quando era una bambina di appena nove anni e mezzo; aveva imparato a leggere e a scrivere solo perché il conte desiderava che in casa sua tutti conoscessero l’italiano e non parlassero il dialetto.
Da ragazza aveva dovuto rinunciare al suo grande amore, un carabiniere napoletano di nome Nicola, semplicemente perché all’epoca i suoi genitori non volevano spossasse un uomo del Sud.
Aveva quindi sposato Gino un uomo gretto e meschino; da quel matrimonio infelice era nata una figlia, Raffaella, una donna del tutto simile al padre e che aveva un pessimo rapporto con la madre.
Anna non ha avuto una vita facile, ma ha sempre potuto contare sul sostegno del suo amato Nicola con il quale ha mantenuto negli anni una fitta corrispondenza.

Margherita, come tutti noi, rimane affascinata da questa storia d’amore d'altri tempi, tenuta in vita solo grazie ad un intenso e ininterrotto scambio epistolare.
Anna, a dispetto dei suoi 76 anni, è la personificazione della gioia di vivere, una gioia di vivere talmente contagiosa da coinvolgere persino Margherita.

Grazie alla vitalità di Anna, Margherita torna ad interessarsi al mondo, esce dal suo guscio, e ritrova pian piano se stessa recuperando anche il rapporto con la madre.

Margherita è affascinata e conquistata dalla forza di volontà e dal coraggio dimostrati da Anna nel corso degli anni. 
Anna Galletti, solo grazie alle sue innate capacità culinarie e alle sue indiscusse doti imprenditoriali, è stata in grado di realizzare il suo sogno aprendo un negozio tutto suo che le ha fruttato parecchio denaro e soddisfazioni.

Fai piano quando torni” è un libro divertente, ironico, che fa sorridere e pensare al tempo stesso, un libro dove troviamo interessanti citazioni letterarie da Flaubert a Proust, a volte evidenti altre volte disseminate dall’autrice con una certa nonchalance tra le righe perché il lettore le colga da sé.

La lettura scorre veloce tra uno scambio di battute e l’altro tra i vari personaggi che sono tutti verosimili e descritti benissimo in ogni loro caratteristica, come nelle differenze che possiamo cogliere nella diversa proprietà di linguaggio che appartiene alla signora Anna rispetto a quella che contraddistingue Margherita.

Leggere il romanzo di Silvia Truzzi è un po’ come leggere una fiaba a lieto fine, uno libro che fa bene all’anima, che ti consola ma che, con ironia e leggerezza, ti ricorda anche che vivere per non avere niente da rimpiangere è come non vivere.







lunedì 2 aprile 2018

“A Bordeaux c’è una grande piazza aperta” di Hanne Ørstavik


A BORDEAUX C’È UNA 
GRANDE PIAZZA APERTA
di Hanne Ørstavik
PONTE ALLE GRAZIE
Hanne Ørstavik è una scrittrice norvegese considerata tra le più interessanti del panorama europeo. Ha vinto numerosi premi e i suoi romanzi sono stati tradotti in ventisei lingue.

“A Bordeaux c’è una grande piazza aperta” è un romanzo particolare che fin dalle prime pagine disorienta il lettore per il suo essere così diretto e chirurgico nel descrivere emozioni e turbamenti.
Dovendo definire il romanzo dopo averne letto solo alcune pagine, credo che l’aggettivo più adatto potrebbe essere “spiazzante”; una prosa tanto audace e diretta al primo impatto non può che confondere il lettore.

Il romanzo non ha una trama vera e propria, ma solo un sottile filo conduttore fatto di desiderio, dolore, nostalgia, sesso e amore, che tiene unite le storie dei vari personaggi.

Ruth si reca a Bordeaux per allestire una mostra, il luogo l’ha visto su internet, una grande stanza vasta come una chiesa.
Ruth è divorziata ed ha una figlia diciassettenne di nome Sofi.
Da un anno Ruth ha conosciuto un uomo, Johannes; vorrebbe che lui la raggiungesse lì a Bordeaux, ma Ruth sa di attenderlo inutilmente perché lui non verrà.
Ruth frequenta anche un altro uomo, ma non è quest’altro che le interessa; Ruth desidera solo Johannes, ma la verità è che lui non desidera lei.

A Bordeux Ruth conosce Abel, una donna dalle forti connotazioni mascoline. Abel ha una galleria d’arte e una figlia, Lily, più o meno coetanea di Sofi.

Ruth è attratta da Abel e accetta di uscire con lei una notte; quella stessa sera Lily conosce Ralf e lo invita a casa sua.

Il romanzo ruota intorno ai pensieri, ai desideri, ai ricordi dei vari personaggi.
Alcune sensazioni li accomunano tra loro, come l’ansia della madre di Ralf e della madre di Lily al pensiero che presto entrambi i ragazzi, ormai adulti, lasceranno le loro case.
Altre sentimenti, invece, li dividono come il desiderio di Ruth per Johannes e il rifiuto dell’uomo per lei alla quale preferisce altre donne.

Ruth non riesce a darsi pace del fatto che Johannes voglia cose diverse, non provi per lei lo stesso trasporto, lo stesso desiderio, gli stessi impulsi sessuali che lei prova per lui.
Eppure, continua ad illudersi, pur sapendo che ogni volta dovrà affrontare il muro di gelo.
Ruth sa che potrebbe semplicemente andarsene, spesso qualcosa dentro di lei gli suggerisce questa soluzione, lei non è obbligata a restare, eppure rimane.
Lascia che lui continui a ferirla, giustificandolo persino, perché negli occhi di lui trova sempre una promessa, una falsa promessa di qualcosa che lei stessa sa che non si realizzerà mai.
E cosciente che per inseguire qualcosa di irraggiungibile sta compromettendo persino il rapporto con la figlia per la quale è diventata quasi un’estranea, ma non riesce trattenersi.

Ruth sente di essere estranea persino a se stessa, non si riconosce più, si percepisce distante da ciò che è stata, lontana dalle sue passioni di un tempo, tutto è stato cancellato dal desiderio di Johannes, dal continuo desiderio di unirsi a lui.

Proprio il senso di straniamento è quello che accomuna tutti i personaggi.
Ognuno di loro si vede vivere, non si riconosce, si sdoppia: così Ralf, mentre fa l’amore con Lily, esce dal proprio corpo e dall’alto vede un altro se stesso fare l’amore con la ragazza.

Tutti i personaggi del romanzo a modo loro avvertono un senso di solitudine, si sentono vulnerabili, ritornano neonati bisognosi: Ruth ha paura di aprirsi con Johannes perché ha paura del definitivo rifiuto dell’uomo, Ralf ha paura di confessare le sue visioni a Lily pensando di non essere compreso, Abel è schiacciata dai ricordi di quando, ancora ragazzina, cercava inutilmente di compiacere il padre, ma ogni volta veniva messa da parte.

Dolore, incomunicabilità, inadeguatezza, desiderio inappagato sono il leitmotiv delle intense pagine del romanzo di Hanne Ørstavik.

Un romanzo visionario, dove attraverso una prosa scarna, lirica e sensuale, l’autrice dipinge con le parole un quadro fatto di emozioni, sessualità, sentimenti, desiderio di vicinanza e paure oscure e inconfessabili.

Gli interrogativi che Hanne Ørstavik ci pone attraverso le pagine del suo libro sono ben precisi: perché è così difficile avvicinarsi agli altri? aprirsi agli altri? Cosa ci attrae e cosa ci respinge quando incontriamo uno sconosciuto? Come ci si sente quando l’altro ci respinge?

“A Bordeaux c’è una grande piazza aperta” è un romanzo che si apprezza man mano che si procede con la lettura e lentamente, lasciandosi trasportare dalla prosa raffinata seppur audace e provocante, si riesce a comprenderne il significato e la profondità del messaggio.



domenica 1 aprile 2018

“Sigismondo e Isotta” di Maria Cristina Maselli


SIGISMONDO E ISOTTA
di Maria Cristina Maselli
PIEMME
Romanzo d’esordio di Maria Cristina Maselli, “Sigismondo e Isotta” racconta la storia d’amore tra il signore di Rimini, Sigismondo Pandolfo Malatesta, e Isotta degli Atti, la figlia di un piccolo nobile della zona.

Nel 1437 Isotta, all’epoca una bimba di appena cinque anni, incrocia per la prima volta la strada del ventenne Sigismondo; dovranno passare però altri sette anni prima che la giovane abbia la possibilità di incontrarlo nuovamente.

Francesco degli Atti, agiato cambiavalute e mercante di lane, è divenuto nel frattempo consulente economico del signore di Rimini e, proprio grazie alla carica paterna, Isotta ha la possibilità di frequentare finalmente il suo principe.

Poiché Sigismondo è sposato con Polissena Sforza, sua seconda moglie, e Isotta è stata cresciuta per diventare una devota sposa e non certamente un’amante, non sarà per nulla facile per i due innamorati poter coronare il loro sogno d’amore.

Sigismondo Pandolfo Malatesta è un uomo testardo e di rara intelligenza, mentre Isotta una donna costante ed innamorata, così, a dispetto di avversità, insidie ed incertezze, alla morte di Polissena, nonostante la ragion di Stato sembri volere un’altra donna di nobile lignaggio accanto al signore di Rimini, l’amore trionfa.

Senza curarsi di insidie, intrighi, avidità e inganni dopo qualche anno, infatti, Sigismondo sceglie di fare di Isotta degli Atti la sua nuova consorte.

Il romanzo di Maria Cristina Maselli racconta la storia di un amore la cui leggenda ha attraversato i secoli, un amore che ancora possiamo vedere celebrato nel Tempio Malatestiano di Rimini, dove riposano le spoglie mortali dei protagonisti della vicenda.

Il Tempio Malatestiano è il luogo dove, secondo il desiderio di chi l’ha pensato e voluto, l’amore di Sigismondo e Isotta appare in tutta la sua forza in quelle due lettere intrecciate S ed I, lettere che sono sì le iniziali di Sigismondo, ma sono soprattutto le iniziali del signore di Rimini e dell’amore della sua vita Isotta.
Isotta degli Atti, la donna per la quale, ancora prima che divenisse sua moglie, Sigismondo aveva fatto erigere un monumento funebre degno di una principessa, dimostrando anche nella vita affettiva lo stesso coraggio che era solito dimostrare sui campi di battaglia.

“Sigismondo e Isotta” è un vero romanzo d’amore, ma non per questo dovete aspettarvi una storia melensa e sdolcinata, perché Sigismondo Pandolfo Malatesta, per quanto uomo appassionato e innamorato, aveva comunque un carattere forte e indomito e difficilmente si lasciava piegare.
Era ben conscio del fatto che l’amore è istinto e passione, ma era altresì ben consapevole del fatto che non gli era concesso di governare in preda a questi sentimenti, il bene della corte infatti doveva essere sempre garantito.

Da parte sua la bella Isotta degli Atti era una donna combattiva seppur a volte anch’essa avesse bisogno di conforto e fosse soggetta a colpi di testa; nonostante l’amore profondo che la legava al suo signore era talvolta colta dal dubbio, dall’ansia, dalla paura.
Tempus loquendi, tempus tacendi, era il suo motto, ma non sempre era facile per lei riuscire a dominare l’orgoglio, rimanendo in silenzio senza reclamare nulla.

Ovviamente la fantasia dell’autrice, come per sua stessa ammissione, ha dovuto sopperire ad alcune lacune storiche, ma le licenze letterarie che la Maselli si è concessa sono più che giustificate visto il risultato.

Il romanzo scorre veloce, appassiona e coinvolge il lettore portandolo sui campi di battaglia e rendendolo partecipe degli intrighi di corte e delle schermaglie amorose.

Ho apprezzato inoltre l’idea di apporre in corsivo parole tratte da lettere, citazioni, frasi e versi originali principalmente d’epoca malatestiana o di autori più o meno recenti.
In particolare, in coda ad alcuni capitoli vengono citati il Liber Isottaeus, un canzoniere amoroso commissionato in prima persona dallo stesso Sigismondo, e il De amore Iovis in Isottam liber di Porcellio Pandoni.

Non sono solo le vicende dei due protagonisti principali ad emozionare il lettore, ma anche la descrizione dei luoghi, degli eventi, degli artisti dell’epoca, senza dimenticare i personaggi solo all’apparenza secondari, ma in realtà fondamentali come il subdolo e vendicativo consigliere Abio, la ferma e fedele Dorotea, il coraggioso e leale Galeotto, solo per citarne alcuni.

Il libro di Maria Cristina Maselli ci regala uno splendido affresco dell’epoca attraverso un’attenta, seppur romanzata, ricostruzione storica del Quattrocento, un periodo feroce e bizzarro, un’epoca che passerà alla storia per la sua mutevolezza, un mondo dominato da lupi ai quali l’abile condottiero Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini, era ben conscio di appartenere.