mercoledì 19 novembre 2014

“Mr Selfridge” di Lindy Woodhead

MR. SELFRIDGE
di Lindy Woodhead
VALLARDI
Harry (Henry) Gordon Serfridge nacque a Ripon, un piccolo villaggio in Wisconsin. Nonostante i numerosi dubbi ed incertezze sulla sua data di nascita, oggi si crede di poterla collocare, senza grandi margini di errore, il giorno 11 gennaio del 1856.
Morì nel 1947, all’età di 91 anni, lasciando agli eredi solo 10.000 sterline dopo aver dilapidato una fortuna stimata intorno ai tre milioni di sterline.

Mr. Selfridge fu colui che per primo riuscì a coniugare shopping e seduzione.

Un uomo che grazie al suo intuito, alla sua fantasia ed al suo coraggio raggiunse lo scopo che si era prefissato ovvero essere ricordato come colui che riuscì “a dare dignità e nobiltà al commercio”.

Mr. Selfridge fu in grado, infatti, di capire il grande potenziale inespresso delle attività commerciali in Inghilterra che per quanto storiche e famose, tra esse possiamo evidenziare nomi quali Harrods, Barkers, D.H. Evans, Dickens & Jones e Liberty’s, erano ancora gestite quasi come fossero semplici botteghe.

Appassionato di statistiche e di proiezioni, grazie alle sue pianificazioni scientifiche, comprese per primo il valore del marketing e della pubblicità.

Uomo dalle mille risorse, era “abituato a recitare sempre, ancor più quando il denaro scarseggiava”.

Per primo comprese l’importanza della stampa e per tale motivo riservò ai giornalisti sempre un posto di primo piano da Selfridge’s, non mancava di inviare loro inviti per ogni evento organizzato all’interno del grande magazzino né di spedire ai direttori delle più prestigiose testate giornalistiche strenne natalizie e fiori a Pasqua.

Nella sua vita svolse tantissimi lavori: iniziò consegnando giornali, lavorò come contabile in banca e poi come impiegato assicurativo.
Ma come qualcuno disse, qualunque lavoro egli svolgesse “sembrava sempre uscito da una cappelliera”. 
Non è dunque strano che il lavoro che lo consacrò come “uomo di commercio” fu proprio l’impiego che riuscì ad ottenere da Leiter & Co. uno dei più grandi magazzini di Chicago che con le sue capacità contribuì a rendere uno dei più celebri di tutta l’America.

A Mr. Selfridge dobbiamo moltissime innovazioni, una tra tante possiamo ricordare la scelta vincente di collocare il reparto profumeria all’ingresso dei grandi magazzini.

Fu lui l’ideatore delle vetrine a tema, da Selfridge’s infatti la merce in vetrina non era più solo una mera esposizione di ciò che si poteva trovare in negozio, ma un vero e proprio racconto pieno di colore. Inoltre per la prima volta le vetrine rimasero illuminate anche durante la notte.

Pensò anche agli addobbi ed alle decorazioni per il negozio in occasione di avvenimenti sportivi e politici sia in città che in tutto il paese, per non parlare della magnificenza delle luci, delle decorazioni e degli spettacoli durante il periodo natalizio.
 
Sua fu l’idea che i commessi dovessero partecipare a dei veri e propri corsi di formazione durante i quali, per spronarli, veniva loro ripetuto come un mantra che:

Ci sono sei cose utili per aver successo negli affari: giudizio, energia, ambizione, immaginazione, determinazione e nervi saldi. Ma la più importante è il giudizio.

Selfridge’s in Oxford Street a Londra fu pensato come un luogo dove il cliente potesse essere compreso, coccolato e accudito.

H.G. Selfridge era dell’idea che anche l’aspetto del palazzo che avrebbe ospitato il suo negozio dovesse essere grandioso, una sorta di cattedrale dello shopping e fu così che con grande dispendio di energie e di denaro fece erigere un palazzo monumentale con colonne ioniche, numerose vetrine, ascensori e un giardino pensile.

Per gli impiegati era un piacere lavorare per il Principale, come lo chiamavano, ne erano letteralmente affascinati e non c’era nulla che non avrebbero fatto per ottenere la sua approvazione.

Selfridge’s fu il primo grande magazzino della storia ad avere un’infermeria, una sala stampa, un parrucchiere, un ufficio informazioni e persino una sala da tè.

Dobbiamo ricordare che quando Selfridge’s aprì i battenti nel 1909 le donne potevano uscire da sole quasi esclusivamente per recarsi in chiesa o alle riunioni di beneficenza e di volontariato, grazie a Mr. Selfridge trovarono un altro luogo pubblico dove poter andare senza destare scandali.

La sua vita fu talmente intensa e talmente scenografica che sembra quasi impossibile che il racconto che si legge in queste pagine sia una storia vera e non un’opera di fantasia; le persone che conobbe e che frequentò, le quantità di denaro accumulato e perso, il prestigio raggiunto fanno della vita di Mr. Selfridge un’esistenza davvero straordinaria.
Mr. Selfridge, come ogni grande visionario della storia, era però destinato, vivendo il suo sogno, a perdere il contatto con la realtà: donne e gioco d’azzardo lo condussero inevitabilmente alla rovina.

Particolarmente affascinante è il racconto dello scorrere del tempo: la guerra di secessione e le speculazioni sul commercio del cotone, la grande guerra ed il secondo conflitto mondiale, le incoronazioni e le elezioni dei primi ministri, il teatro, la musica, il cinema muto e l’avvento del sonoro, il cabaret, la radio, le prime televisioni, i voli aerei e sullo sfondo di tutto questo, Selfridge’s.

Mr. Selfridge fece parte di quel mondo che progrediva velocemente grazie a nuove tecnologie e a nuovi mezzi di trasporto, ed egli stesso contribuì in prima persona al progresso con il suo denaro ma sopratutto con la sua inventiva, sempre fedele al motto “business as usual “(affari come sempre).

E nel frattempo la moda stessa cambiava, apparvero le prime modelle e le prime sfilate, gli abiti si facevano sempre più aderenti, più corti, più sportivi; il cotone, la seta e le fibre naturali soccombevano sotto l’avvento dei nuovi tessuti sintetici, la biancheria intima si modificava passando dai corsetti di stecche per arrivare al reggiseno ”a coppa”, la sartoria lasciava il posto al prêt-à-porter mentre l’uso del make-up veniva sdoganato anche per la donna comune. I nomi della moda erano Elizabeth Arden, la grande Coco Chanel e quello della sua antagonista Elsa Schiaparelli.

“Mr Selfridge” è una biografia molto intrigante la cui lettura scorre velocemente come un romanzo ed è istruttiva come un saggio; su questo libro si basa la famosa serie televisiva.

Al lettore attento non può sfuggire che, al di là di una trama affascinante, il libro di Lindy Woodhead abbia alle spalle anche un lavoro di ricerca meticoloso e dettagliato che trova conferma nella vastissima bibliografia riportata al termine del volume a beneficio di chiunque voglia approfondire gli argomenti trattati.

L’autrice, non solo ci conduce abilmente in un mondo dorato fatto di guanti, profumi e tessuti preziosi, ma ci fa conoscere anche il rovescio della medaglia quello fatto di ricerca di capitale, di acquisto/vendita di azioni ordinarie e privilegiate, di dividendi, profitti e perdite.

Una biografia trascinante e ammaliante che ci fa rivivere il tempo passato in ogni minimo dettaglio! 

La moda è lo specchio della storia. Riflette i mutamenti politici, sociali ed economici, piuttosto che il capriccio individuale.
(Luigi XIV)



martedì 11 novembre 2014

“Terra ignota” di Vanni Santoni HG


“Terra ignota” è una saga fantasy scritta da Vanni Santoni. Per distinguere la sua produzione di testi fantastici dagli altri suoi romanzi, l’autore ha scelto di aggiungere al suo nome la sigla “HG” in omaggio a Guido Morselli.

“Terra ignota” è una trilogia di cui Mondadori ha pubblicato nel 2013 il primo volume “Risveglio” e recentemente  il secondo intitolato” Le figlie del rito”.

“Le figlie del rito” è da considerarsi il volume conclusivo della saga poiché il terzo, di prossima pubblicazione, sarà a tutti gli effetti un prequel che, come anticipato dall’autore stesso, tratterà esclusivamente dei fatti antecedenti alle vicende narrate nei primi due libri.

Tutti i libri possono essere tranquillamente letti come singoli romanzi, infatti, Vanni Santoni ha optato volutamente per un taglio della narrazione che permettesse al lettore di poter scegliere se leggere tutti i romanzi od uno solo senza vincoli cronologici.
                                                                                        
Ho letto entrambi i libri e personalmente ritengo che il finale di “Risveglio” renda quasi obbligatoria la lettura del secondo romanzo; diversamente “Le figlie del rito” grazie anche ad una dettagliata ed interessante introduzione nella quale vengono presentati tutti i personaggi e viene dato, seppur a grandi linee, un più che esaustivo compendio della storia generale, può essere letto tranquillamente da solo come un romanzo a sé.

Detto ciò il consiglio è ovviamente di leggere entrambi i libri per non perdere neppure un passaggio di quella che a tutti gli effetti risulta essere una convincente e suggestiva saga.

Addentriamoci ora in quanto viene narrato nei singoli volumi.

TERRA IGNOTA
RISVEGLIO
di Vanni Santoni HG
MONDADORI
Libro primo: “Risveglio” – Dopo un giorno e una notte di festa, il Villaggio Alto subisce un attacco da parte di cavalieri spietati. Essi appartengono al Cerchio d’Acciaio, il più nobile ordine dell’impero del quale fanno parte i più fedeli servitori dell’Imperatrice.
A comandare la spedizione è il Primo dei Dodici in persona, Aydric Reinhare, tanto bello quanto letale.
Durante l’attacco il villaggio viene dato alle fiamme, gli abitanti sterminati e la giovane Vevisa, la figlia dello shultz locale, viene rapita.
Vevisa ha il dono di poter comunicare a distanza inviando sogni. E’ proprio attraverso l’invio di un sogno che Ailis, la più cara amica di Vevisa, riuscita a mettersi in salvo perché non presente al villaggio al momento dell’attacco, viene a conoscenza di quanto accaduto.
Ailis decide di andare alla ricerca di Vevisa per liberarla e di Aydric Reinhare per vendicare la morte dei genitori e dell’amico Breu, anch’egli creduto morto.
Ailis è una ragazzina di solo dodici anni, per nulla portata allo studio, ma dotata di una forza straordinaria per la sua età.
Durante il suo viaggio farà molte esperienze, sarà fatta schiava, combatterà come un gladiatore, incontrerà molte persone e verrà a conoscenza delle sue vere origini.
Visiterà molti luoghi tra cui alcune delle Cinquantaquattro Città, attraverserà il mare e attraverserà anche la foresta di Broceliande, un luogo incantato e popolato da esseri fantastici.

Un luogo sognato così presto che ancora cova braci del primo sogno, e si può dire che in virtù di ciò continui a sognare per conto proprio.
(da "Le figlie del rito").

Facciamo un passo indietro per inquadrare meglio i luoghi e il contesto in cui si svolgono gli eventi raccontati in “Terra ignota”.

Il regno in cui tutti questi avvenimenti hanno luogo è un regno generato dal Sogno dell’Imperatrice. L’imperatrice dorme nelle sue stanze situate nelle profondità della Capitale delle Terre Occidentali e attraverso il suo sonno genera il Sogno che a sua volta genera il mondo.
A proteggere il sonno dell’Imperatrice sono preposti i cavalieri dell’Ordine del Cerchio d’Acciaio. Il cerchio interno, quello formato dai cavalieri più nobili e potenti, i più vicini all’Imperatrice è formato da 12 cavalieri o maestri.
Uno di questi è investito di maggiori poteri ed è per questo definito il Primo dei Dodici.
Al di sopra di tutti vi è poi il Gran Maestro.

Un tempo lontano, durante un rito organizzato dal Cerchio D’Acciaio, l’Imperatrice si unì con i quattro Re, i quattro serpenti, e generò le quattro figlie del rito che furono partorite da quattro schiave di palazzo, assassinate subito dopo il parto.

Ma ciò che non era stato previsto era il tradimento di alcuni cavalieri, in particolare di Aydric Reinhare, poi divenuto Primo dei Dodici, e di H.H. a sua volta investito della carica di Gran Maestro.
Le quattro figlie del rito furono rapite e portate lontano da quattro cavalieri per essere cresciute lontano dalla corruzione che aveva colpito il Cerchio d’Acciaio. Insieme alle figlie del rito furono sottratte anche la coppa e la spada, simboli di legittimità dell’impero.

Gahalad però pentito del gesto blasfemo compiuto da Odilon, ovvero l’aver sottratto la coppa e la spada, tornò sui suoi passi riportando Morigan, la figlia che gli era stata affidata, nella capitale.
Morigan venne quindi allevata e istruita sotto il controllo e la guida del Gran Maestro H.H.

TERRA IGNOTA
LE FIGLIE DEL RITO
di Vanni Santoni HG
MONDADORI
Libro secondo: “Le figlie del rito”Ailis, figlia della terra, Brigid, figlia dell’Aria, Lorlei, figlia dell’Acqua, Morigan, figlia del Fuoco sono ormai pronte.
Entrate tutte in contatto con la magia e con i loro rispettivi serpenti ovvero il Cromcruac (essenza della Terra), lo Shahrukh (essenza dell’Aria), lo Jormungang (essenza dell’Acqua) e il Drago (essenza del Fuoco), sono finalmente pronte a rivendicare il posto che spetta loro di diritto. Sono pronte, se necessario alla loro causa, persino a combattere tra loro.
Tutte però dovranno fare i conti con Vevisa, la protetta del Gran Maestro H.H. che, dopo anni di studio e applicazione, vuole tutto il potere per sé e non ha nessuna intenzione di indietreggiare neppure di fronte a quattro dee o meglio cinque dee, perché una quinta figlia del rito si nasconde tra le mura del Palazzo-Cattedrale.
L’elemento della piccola Nin è l’Etere, il cui signore è il Melektaus, il signore degli interstizi, colui che circonda gli altri quattro elementi.

“Terra ignota” è quello che viene comunemente definito un pastiche letterario. Moltissimi sono i richiami ad altre opere da quelle classiche a quelle moderne, potremmo elencarle all’infinito, potremmo citare Ariosto, Tolkien, Platone, Calvino così come i testi sacri tra cui la stessa Bibbia, o fare riferimento alla mitologia nordica, celtica, greca e romana.

Moltissime poi sono le citazioni dirette e indirette di altri autori oltre che di personaggi storici e leggendari.
Potrei sottolineare ad esempio il nome Yorick, di derivazione shakespeariana (Amleto) o i nomi di città che richiamano alla memoria famosi personaggi della storia come Ipazia, celebre filosofa, matematica e astronoma vissuta nella seconda metà del IV secolo d.C., oppure Boudica, leggendaria regina della tribù degli Iceni che guidò la più grande rivolta anti-romana della Britannia.
Inoltre non possono certamente passare inosservati passaggi come uno “studio matto e disperatissimo” famosissima citazione leopardiana.

I richiami all’Impero Romano sono espliciti soprattutto nel primo libro “Risveglio” laddove Ailis, dopo essere stata venduta come schiava, viene acquistata da un lanista per il proprio ludus e istruita nel combattimento per dare spettacolo nell’arena.
Nel secondo Ailis compie invece imprese che rimandano alle mitiche fatiche di Eracle, la cattura di un enorme cinghiale ricorda senza dubbio la cattura del cinghiale di Erimanto da parte dell’eroe greco.

Il mondo creato da Vanni Santoni si rifà sopratutto all’epoca medievale sia a quella leggendaria del ciclo arturiano (la cerca dei cavalieri, la tavola dello scacchiere che ricorda la tavola rotonda…) sia a quella più propriamente storica legata al mondo dei Templari (la figura del Gran Maestro, il richiamo all’idolo pagano Bafometto …).

Insomma come avrete capito c’è di che sbizzarrirsi e divertirsi a scovare richiami, citazioni e quant’altro; sarebbe davvero impossibile riuscire a farne un resoconto completo.
Io mi sono limitata ad anticiparvi qualcosa per farvi intravedere cosa vi aspetta tra le pagine di questa saga.
                                                                                                 
Entrambi i libri sono una piacevole lettura.
Personalmente in “Risveglio” ho apprezzato soprattutto la prima parte, mentre “Le figlie del rito” mi ha coinvolta completamente, in questo secondo volume la tensione narrativa non viene mai meno e la lettura scorre davvero veloce.
                                                                                                           
Vanni Santoni si è rivelato una gradita sorpresa tra gli autori fantasy italiani. L’avvincente trama, i personaggi ben riusciti e l’interessante universo creato dal suo autore, fanno di “Terra ignota” una saga stimolate ed affascinante.





domenica 2 novembre 2014

“La carezza leggera delle primule” di Patrizia Emilitri

LA CAREZZA LEGGERA DELLE PRIMULE
di Patrizia Emilitri
SPERLING & KUPFER
Un romanzo, tre storie o meglio la storia di tre donne che in apparenza non hanno nulla in comune ma che pagina dopo pagina rivelano al lettore l’arcano mistero per cui i loro destini sono indissolubilmente legati.

Febbraio anno 2000. Claudia Montini ha appena perso la madre. Un malore improvviso e per Agnese Catelli non c’è stato nulla da fare, a nulla sono valsi i soccorsi immediati, Claudia non è neppure riuscita a salutarla per l’ultima volta.
Claudia vive a Milano, una laurea in lettere e un progetto in corso all’università. E’ una ragazza ambiziosa, ha un solo desiderio nella vita ed una sola certezza quella di diventare una scrittrice famosa.
Ha lavorato sodo per questo suo obiettivo ed è determinata a fare in modo che nulla la possa ostacolare.
Non permetterà mai che qualcosa o qualcuno possa frapporsi tra lei e la sua notorietà, perché è questo che lei vuole per se stessa: la fama.
Lei sarà ricordata per le sue opere, scriverà un best seller, la sua vita non passerà nell’anonimato come quella dei suoi genitori, accontentarsi della normalità non fa per lei.

Per lei ordinario significava invisibile, mentre lei voleva che il mondo si accorgesse della sua presenza e non se ne scordasse più. Avrebbe fatto tutto quanto fosse necessario per emergere. Avrebbe fatto il possibile e l’impossibile.

A Varese, nella Residenza Villa Maria, Clorinda Cataldi festeggia i suoi 182 anni. Le autorità presenti alla festa così come tutti gli invitati ne ignorano ovviamente la vera data di nascita.
Linda è una donna ancora lucida che ama la lettura ed è molto colta. Grazie alla sua età può permettersi di esprimere i propri pensieri senza giri di parole tanto da apparire spesso spietata, scortese ed insolente.

Gioia per questa festa e malinconia per chi non è qui a festeggiare con me.

Linda ha vissuto a lungo, più a lungo di quanto sia umanamente possibile, non ha più una famiglia, nessuno di coloro che ha amato è ancora in vita, può solo ricordarli nelle sue preghiere.

Clorinda sa che è giunto il momento di raccontare la propria storia a qualcuno e sa che la persona a cui deve raccontarla è Claudia Montini.
Il racconto giungerà a Claudia per posta. A consegnare le grandi buste marroni ci penserà il suo fedele amico, l’ormai anziano Bartolomeo.

La storia della vita di Linda, se la ragazza vorrà, diventerà il best seller di Claudia Montini, potrà pubblicarlo a suo nome, perché Linda è disposta a regalarglielo e a rinunciare da subito ad ogni diritto sul manoscritto.

Quando Claudia inizia a ricevere le prime pagine, battute a macchina per facilitarle la lettura, rimane ovviamente spiazzata dal racconto, ma ne è talmente affascinata da restarne intrappolata nella trama.
Non può fare a meno di chiedersi se quel quaderno di ricette e di pozioni magiche di cui parla Clorinda esista davvero ed interrogarsi su come possa essere possibile che una donna sia stata condannata a vivere per sempre solo per averne sfogliato le pagine.
Claudia vive nel terzo millennio, per lei tutto ha una spiegazione, non crede alla magia, crede solo nella conoscenza.

Nonostante il panico che spesso la coglie perché questa donna misteriosa e sconosciuta sa di eventi della sua vita di cui solo i suoi familiari più stretti possono essere a conoscenza, non può fare a meno di andare avanti con la lettura ed esserne conquistata.

C’è una terza donna che fa parte del racconto, una donna la cui storia viene raccontata da Clorinda nelle prime pagine del manoscritto inviato a Claudia.
E’ la storia di Marta, una giovane vissuta alla fine del Seicento.
Marta era una guaritrice come lo erano state sua nonna e sua madre prima di lei.
Le erbe per lei non avevano segreti e la sua missione era aiutare e curare tutte le persone del suo villaggio.
Ma Marta viveva in tempi bui: la giovane venne accusata ingiustamente di stregoneria e, dopo essere stata a lungo torturata, fu condannata e bruciata sul rogo.

Cosa lega tra loro queste tre donne vissute in epoche così lontane? Qual è il misterioso segreto che Clorinda Cataldi nasconde? E perché Claudia Montini è proprio la persona a cui questo mistero deve essere rivelato?

Il libro di Patrizia Emilitri è un romanzo davvero originale sia per la particolarità della storia sia per il modo in cui viene sviluppato l’intreccio del racconto in cui ogni pezzo si incastra perfettamente a tempo debito come le tessere di un puzzle.

Pur trattandosi di una storia irreale e fantastica per i fatti da cui la storia prende vita e per i suoi successivi sviluppi, le tematiche affrontate sono tremendamente reali ed attuali: la vita è fatta di scelte, quanto siamo disposti a spingerci per ottenere ciò che vogliamo? Egoisticamente quanto è importante la nostra libertà? A quante cose siamo disposti a rinunciare? Quali sono le vere priorità nella nostra vita?
Ma soprattutto siamo sicuri di aver colto quale sia la vera differenza tra “vivere” ed “esistere”?

Ognuno di noi è sempre pronto a cercare scuse per i propri errori, ad addossare ad altri le colpe dei propri insuccessi, ma quante volte in realtà dovremmo biasimare solo noi stessi?

Ci sono mille decisioni giuste da prendere in ogni situazione… e ce ne sono mille sbagliate.

Una frase mi ha colpita particolarmente tra le tante che sarebbero da sottolineare in questo libro:

Perché un uomo può essere cattivo, ma una donna sa essere feroce.

Non so se possa essere considerata una verità assoluta, certo è che ci sono donne, che sanno essere particolarmente vendicative e meschine soprattutto nei confronti di altre donne.

L’autrice si limita a raccontare i fatti reali o fantastici che siano, senza prendere posizione.
Il suo è un racconto il più oggettivo possibile degli eventi.
Patrizia Emilitri lascia che sia il lettore a riflettere, confrontare ed eventualmente giudicare le azioni delle protagoniste del romanzo.

“La carezza leggera delle primule” è un inno alla lettura ed alla letteratura, come svago ed evasione oltre che come un indispensabile mezzo per l’arricchimento culturale dell’essere umano, per accrescere il proprio modo di esprimersi e come fonte di informazione.

Le citazione di libri ed autori sono tantissime: da Coelho alla Fallaci, da Euripide a Shakespeare, dalle sorelle Bronte a Victor Hugo, da Poe a Joyce solo per citare alcuni degli autori menzionati tra le pagine del romanzo.

Ammettere la propria ignoranza è combatterla. Imparare è il più grande atto di umiltà per un uomo, e anche per una donna. Non smettere di imparare, stimolare se stessi è la più grande forma di intelligenza. Convincersi di qualcosa e poi cambiare idea, grazie a nuove informazioni. Non fermarsi al primo giudizio, non fissare il pensiero su un unico punto e rifuggire da chi crede di avere tutto il sapere tra le mani, tutte le risposte.

Il libro di Patrizia Emilitri è un romanzo piacevolissimo dai mille spunti di riflessione; la lettura scorrevole insieme all’originale trama sospesa tra magia e realtà ne fanno un romanzo da leggere tutto d’un fiato.
                                                                                                                





domenica 26 ottobre 2014

“Il palazzo d’inverno” di Eva Stachniak

IL PALAZZO D’INVERNO
di Eva Stachniak
SUPERBEAT
Elizaveta Petrovna salì al trono nel 1741 con un colpo di stato e, dopo aver fatto imprigionare l’infante Ivan VI e la madre di lui, la reggente Anna Leopoldovna, assunse la guida dell’impero.
Nel 1743 la zarina Elisabetta di Russia non avendo figli, decise di designare come suo erede il nipote Karl Peter Ulrich, duca di Holstein, che ribattezzerà con il nome di Pietro Fedorovic.
                                                               
“Il palazzo d’inverno” racconta gli intrighi di corte e le cospirazioni che ebbero luogo negli anni che vanno dal 1741 al 1764.
A narrarci in prima persona la storia romanzata degli eventi storici è la protagonista del romanzo Varvara “Barbara” Nikolaevna.
                
Varvara è figlia di un semplice legatore di libri nato in Polonia e giunto alla corte di Russia per mettere le proprie abilità al servizio della famiglia imperiale.
I genitori di Varvara muoiono lasciandola sola al mondo. Ha solo sedici anni quando diventa “una protetta della corona” ovvero una di quelle ragazze orfane e abbandonate accolte sotto l’ala protettrice della zarina e impiegate al suo servizio.
Varvara Nikolaevna viene assegnata al guardaroba imperiale e qui viene da subito presa in antipatia e tiranneggiata dall’altezzosa capo cameriera di corte, madame Kluge.

Grazie all’interessamento del cancelliere di Russia, il conte Bestuzev, Varvara resterà ben poco confinata tra le domestiche assegnate al guardaroba della zarina e, istruita a dovere dal suo nuovo protettore, diventerà una spia di palazzo.

Io ero una “lingua”, una “gazzetta”, la portatrice della “verità” dei sussurri. Sapevo tutto di libri cavi, bauli con doppio fondo, meandri di corridoi segreti. Sapevo come aprire i cassetti nascosti nel tuo secretaire, staccare la ceralacca alle tue lettere e far sì che non ti accorgessi che erano state manomesse. Se fossi entrata nella tua stanza, avrei rimesso a posto il capello che avevi avvolto intorno alla serratura. Se ti fossi fidato del silenzio della notte, io avrei origliato i tuoi segreti.

Grazie al suo carattere intraprendente ed alle sue innate capacità Varvara diventerà ben presto, grazie ai suoi racconti, indispensabile non solo al conte ma alla zarina stessa.

Tra gli insegnamenti di Bestuzev ci sono però importanti regole da rispettare come non provare mai a tradirlo né cercare di ingannarlo, non abbassare mai la guardia, non fidarsi di nessuno e mai, mai per nessun motivo affezionarsi e legarsi a qualcuno.

Un giorno però giunge alla corte di Russia, la giovanissima principessa Sofia Federica Augusta Anhalt-Zerbst, che la zarina Elisabetta ha scelto come futura moglie del proprio successore.

Sofia, che cambierà il suo nome in Caterina, con la sua dolcezza ma soprattutto con la sua solitudine e le sue paure, farà breccia nel cuore di Varvara che per lei abbandonerà la sua prudenza sostenendola anche contro la volontà dello stesso Bestuzev che, contrario alla scelta della zarina, trama nell’ombra per mandare a monte il matrimonio e rispedire in patria la principessa.

Negli anni la scelta di sostenere Caterina da parte di Varvara si rivelerà una scelta coraggiosa, difficile e pericolosa, ma si rivelerà per certi versi anche la scelta vincente.

Caterina, infatti, è destinata ad un grande futuro, sarà ricordata da tutti come Caterina la Grande, una sovrana illuminata.
Una sovrana che amava dedicarsi alla lettura e amava leggere gli scritti di Voltaire, Diderot e Montesquieu.  
Sotto la sua guida la Russia conobbe uno dei periodi di maggiore riconoscimento a livello europeo.

Il romanzo di Eva Stachniak pur rifacendosi alle numerose biografie di Caterina II è a tutti gli effetti un’opera di pura finzione letteraria con una buona base di verità storica.

Varvara Nikolaevna è quindi solo un personaggio di fantasia, ma è così ben delineato da sembrare davvero reale e riuscire a creare con il lettore una straordinaria empatia.
E’ infatti un personaggio capace di catturare e affascinare il lettore, trascinandolo e rendendolo partecipe della sua storia sin dalle prime pagine.

Le descrizioni della corte con i suoi intrighi e le sue passioni, la sete di potere, i tradimenti sono inoltre talmente minuziose e perfette da risultare del tutto credibili.
Attraverso di esse il lettore può rivivere i fasti e gli inganni alla corte di Russia di metà Settecento come se egli stesso, in prima persona, potesse origliare le conversazioni da dietro qualche paravento o sbirciare incontri segreti attraverso le fessure tra le assi sconnesse del pavimento di una soffitta.

“Il palazzo d’inverno” è un romanzo storico avvincente e ben costruito; una lettura assolutamente imperdibile per gli appassionati del genere.




domenica 12 ottobre 2014

“L’ultimo fiore dell’anima” di Anna Melis

L’ULTIMO FIORE DELL’ANIMA
di Anna Melis
FRASSINELLI
Il romanzo è ambientato in Sardegna alla fine degli anni Trenta. 
L’azione si svolge tra Nuoro, all’epoca poco più di un paese, e l’Ortobene, un’altura granitica che si eleva ad est della città e sulla cui sommità nel 1901 fu posta la grande statua del Redentore.

Matilde Zedda è considerata da tutti un’istranza, una straniera. E’ figlia di una donna dell’isola e di un deportato.
Ilde, con la sua carnagione chiara e le trecce bionde, è diversa dalle altre donne dell'isola non solo per l’aspetto fisico, ma anche per la sua mente in quanto soggetta a frequenti crisi epilettiche.
I suoi concittadini per ignoranza e superstizione, ritengono che le convulsioni ed il delirio di cui la ragazza è spesso vittima a causa della malattia, siano invece da considerarsi tipici segni di possessione demoniaca.

Ilde è stata allevate dalle suore, ma all’età di 23 anni, su decisione del vescovo in persona, è data in moglie, senza che venga celebrato alcun matrimonio, al figlio maggiore della famiglia Caria, Giovanni Antonio.

La giovane è da sempre vista come una sciagura per il paese, una donna capace di ammaliare gli uomini per la sua bellezza, considerata da tutti una janua ovvero una fattucchiera.

Zuannantoni, il marito che è stato scelto per lei, è fisicamente un gigante, un uomo rude ed ignorante:

Non c’era poesia, né delicatezza nel marito, e spesso aveva il dubbio che non ci fosse nemmeno l’anima.

Inizia così per Ilde una vita fatta di violenze fisiche e psicologiche.
La giovane è costretta a subire i soprusi e gli insulti della suocera e di tutte le donne della famiglia Caria che la temono e la invidiano per la sua bellezza; ogni giorno è vittima della rozzezza e della forza del marito oltre ad essere violentata impunemente dai fratelli di lui ogni volta che questi decidono di trascorrere la notte a casa di Zuannantoni.

Ilde conduce una vita di sofferenze e di miseria, nonostante i begli abiti che il marito le fa indossare per mostrare a tutti di possedere la donna più bella del paese.
Alla ragazza non è concesso neppure di parlare con il figlio, deve nutrirlo, curarlo ma  le è severamente proibito qualunque altro tipo di rapporto con lui.
Ilde si rifugia così nei sogni, sogna di essere finalmente libera, libera di decidere per se stessa, libera di fuggire, libera di uscire di casa. Sogna l’amore, l’amore di un uomo che possa capire i suoi bisogni e che sia in grado di interpretare i suoi desideri.

Un giorno, dopo essere stata nuovamente vittima della violenza di Zuannantoni, rimasta sola in casa con il piccolo Jaccheddu, riceve la visita di un uomo e scambiandolo per il marito, stanca delle continue violenze, gli spara ferendolo gravemente.
Luigi Sanna, l’uomo che giace sanguinante ai suoi piedi, è un’anima dannata propria come lei.
Ha l’aspetto di un bellissimo giovane di soli ventisette anni, ma in realtà è un uomo molto pericoloso, un bandito evaso e ricercato.
Sarà lui il balente? il valoroso che Ilde ha sognato di poter incontrare un giorno, colui che la libererà dalla sua terribile schiavitù?

“L’ultimo fiore dell’anima” è una storia insolita, spietata e dalle immagini fortissime.
Racconta di una Sardegna dove regnano ancora le superstizioni e l’ignoranza. 
Una terra dove la violenza e la forza la fanno da padrone, dove anche chi dovrebbe difendere la legge spesso non è degno di indossare la divisa, dove le faide tra le famiglie si protraggono all’infinito trascinando con sé lutti e disperazione.

Su questo scenario si staglia la figura di Ilde, una donna dal carattere forte, una combattente che pur se in un primo momento si rifugia in se stessa, nelle sue visioni, nel suo linguaggio fatto non di parole ma di segni e sguardi, in seguito riesce a riappropriarsi della propria vita, ritrova la parola, anche se sulle prime quelle parole sembrano vuote e prive di significato a lei che, a solo poco più di vent’anni, ha già vissuto terribili esperienze.

Nel romanzo della Melis, come anche lei stessa segnala nella sua “nota dell’autrice” al termine del libro, ci sono precisi riferimenti a diversi artisti.
Non possiamo, leggendo le pagine del romanzo, non richiamare alla memoria le opere di una grande scrittrice sarda come Grazia Deledda, così come è impossibile non riconoscere l’omaggio che la Melis fa, descrivendo la cicatrice sul volto di Mariano Collu, al cantautore Fabrizio De Andrè:

e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso
(da “Il pescatore”)

“L’ultimo fiore dell’anima” pur ambientato quasi un secolo fa stupisce per l’attualità della sua storia, un'attualità che troppo spesso ancora oggi riempi le pagine dei quotidiani e ci viene sbattuta in faccia dai telegiornali.
Una società, la nostra, che nonostante il progresso e la cultura, è costretta a fare i conti ancora oggi con una realtà che vede ogni giorno i diritti delle donne troppo spesso calpestati, una realtà dove ci sono ancora troppe donne vittime di violenze fisiche e psicologiche ed incapaci di ribellarsi ai propri aguzzini.
Un mondo, il nostro, dove la paura del “diverso” è ancora fortemente radicata tanto che questi continua ad essere un emarginato, una vittima di insensati pregiudizi.

Un racconto che fa riflettere, una scrittura evocativa e una protagonista combattuta tra il desiderio di assecondare la propria natura ribelle ed il dovere di rispettare le convenzioni, fanno di “L’ultimo fiore dell’anima” un romanzo estremamente appassionante e toccante, assolutamente consigliato.

E non c’è vento e non c’è pioggia,
né abbastanza tormento nell’anima
per partorire l’ultimo fiore.



sabato 4 ottobre 2014

“Agnes” di Peter Stamm

AGNES
di Peter Stamm
BEAT
(Edizione originale Neri Pozza)
Agnes è morta. L’ha uccisa un racconto. Di lei non mi è rimasto nulla, se non questo racconto.

Questo l’incipit del romanzo, indubbiamente un inizio particolare ed intrigante.

Il protagonista del libro, io narrante della storia, scrive libri divulgativi.
Ha pubblicato volumi sui più svariati argomenti dai sigari alle biciclette. Al momento è impegnato a scrivere un libro sulle vetture ferroviarie di lusso.

Lui è svizzero di madrelingua tedesca e si trova a Chicago per condurre le ricerche per la sua prossima pubblicazione.
Un giorno in biblioteca conosce una ragazza molto più giovane di lui, ma nonostante l’evidente differenza d’età, la giovane potrebbe essere infatti sua figlia, ne rimane immediatamente colpito.

Agnes ha venticinque anni ed è laureata in fisica, al momento è impegnata a scrivere la sua tesi e lavora part-time come assistente all’Istituto di Matematica di Chicago; suona il violoncello e fa parte di un quartetto d’archi tutto femminile.
E’ una ragazza particolare, soffre di claustrofobia, detesta gli ascensori e gli appartamenti ai piani alti, inoltre:

in lei era insita una strana gravità, le sue opinioni erano inflessibili

Il loro incontro è un incontro normalissimo, durante una pausa in biblioteca, scambiano quattro parole e si incontrano nuovamente nei giorni successivi, iniziano a frequentarsi dapprima solo come amici ma poi tra loro nasce una storia vera e propria.

Tutto sembra procedere per il meglio fino a quando Agnes chiede al suo compagno di scrivere un racconto su di lei così da poter capire attraverso quelle pagine che cosa lui pensi veramente di lei e della loro situazione sentimentale.

Da qui la narrazione si sdoppia: abbiamo il racconto dell’autore, il romanzo vero e proprio, e quello scritto dal protagonista del romanzo stesso ovvero “il racconto di Agnes”.

La situazione precipita quando Agnes, leggendo la sua storia, sembra considerarla una via da seguire e la fa diventare una sorta di copione da interpretare e rendere reale…

La trama del romanzo è di una semplicità disarmante, la storia è una storia come tante: due persone si incontrano per caso, si conosco, si piacciono, si innamorano ma, come spesso accade, la vita le allontana.

Giorno dopo giorno nasce qualche incomprensione, una parola non detta o una parola di troppo e la storia d’amore inevitabilmente naufraga.

Sarà per l’idea particolare del racconto nel racconto o per la scrittura limpida e asciutta che rende la lettura piacevolissima, ma il romanzo di Stamm è decisamente un libro intenso e sorprendente; la storia che ci racconta scivola via come sabbia tra le dita.

La vita quotidiana logora il rapporto dei protagonisti come la classica goccia che giorno dopo giorno scava la roccia.

La fragilità e l’insicurezza di Agnes sono sentimenti che appartengono a tutti così come reali e comuni sono le paure di lui, la sua voglia di vivere un’intensa storia d’amore ed allo stesso l’ansia per l’impegno che questo comporterebbe:

Se adesso vado da Agnes, pensai, è per sempre. E’ difficile da spiegare; sebbene l’amassi e fossi stato felice con lei, solo senza di lei avevo la sensazione di essere libero. E per me la libertà era sempre stata più importante della felicità. Forse era questo che le mie compagne avevano chiamato egoismo.

Peter Stamm ha la capacità di saper raccontare la vita, la vita vera, quella di tutti i giorni e di saper sviscerare i sentimenti con una semplicità e una linearità senza eguali.

Con “Agnes”, Stamm riesce a coinvolgere il lettore parlandogli delle sue stesse emozioni, della continua e disperata ricerca della felicità, dell’ansia di vivere, dell’angoscia e del desiderio che si provano dinnanzi all’idea di legarsi ad un’altra persona, della voglia di libertà e della sensazione di estraneazione dal resto del mondo che spesso si prova.

Un romanzo, quello di Stamm, semplice solo ad una lettura superficiale, ma che in verità indaga profondamente la mente ed il cuore dell’uomo.